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I capillari

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Lo scambio di gas e di sostanze tra il sangue ed i tessuti avviene tramite i capillari, ed è facilitato sia dal notevole valore risultante dalla somma di tutti i loro diametri, sia dalla ridotta velocità del sangue. Tutti gli organi del corpo umano sono irrorati, tranne gli epitelî di rivestimento, la cornea e il cristallino dell'occhio e le cartilagini completamente sviluppate.
La parete dei capillari è costituita da uno strato di cellule endoteliali e da una lamina basale. In alcuni organi, per esempio nell'encefalo, si trovano intorno alla parete dei capillari, alcune cellule contrattili che possono agire sui capillari stessi. Queste cellule sono dette periciti.
Le cellule endoteliali sono generalmente disposte una accanto all'altra. Lo scambio di sostanze avviene in entrambe le direzioni, attraverso le cellule (scambio transcellulare) oppure fra le cellule (scambio intercellulare). I capillari di vari organi possono presentare differenze tra loro. Di seguito vengono descritti tre importanti tipi di capillari.
- capillari con cellule endoteliali senza fenestrature - (muscoli, encefalo, polmoni), gli scambi sono di norma transcellulari e avvengono tramite pinocitosi
- capillari con cellule endoteliali con fenestrature - negli organi nei quali lo scambio di sostanze è notevole (anse intestinali, ghiandole endocrine) le cellule endoteliali si presentano in molti punti così assottigliate da formare delle fenestrature, probabilmente causate da una eccessiva attività di pinocitosi.
- capillari con cellule endoteliali che presentano spazi intercellulari - nei capillari sinusoidi del fegato e dei glomeruli renali esistono degli spazi tra una cellula e l'altra, in modo che le molecole dalle dimensioni adatte possono passare direttamente nei tessuti circostanti.

Il funzionamento dei capillari: l'ipotesi di Starling

Si può schematizzare il sistema arterìola - capillare - venula con una "U " (vedi figura 1). In un sistema di tal genere alcune sostanze escono e diffondono negli interstizi tessutali. Altre sostanze invece entrano nel capillare per essere drenate verso le vene. Il meccanismo con cui avvengono questi movimenti è spiegabile mediante diverse ipotesi. L'ipotesi che si basa sulle diverse pressioni nell'arterìola, nel capillare e nella venula è detta ipotesi di Starling.
Il sangue percorre l'arterìola con una pressione circa pari a 32 mmHg. Questa pressione fa muovere il sangue attraverso l'ansa capillare verso la venula. Questa stessa pressione fa uscire le sostanze appropriate dal capillare (pressione di filtrazione). La pressione di filtrazione è ostacolata dalla pressione oncotica, pari a circa 25 mmHg verso l'interno del capillare. La pressione di filtrazione risultante verso l'esterno quindi è data da 32-25 = 7 mmHg verso l'esterno del capillare.
Man mano che il sangue procede, essendo il suo flusso viscoso, incontra una resistenza R il cui valore è dato da: 8 v l/* r^4.
v = velocità, può avere piccole variazioni, la consideriamo costante l = lunghezza o distanza dal cuore, aumenta man mano che il sangue procede nei capillari r = raggio del capillare, può presentare piccole variazioni, lo consideriamo costante.
Poichè l'unica variabile è la lunghezza si ha che la resistenza aumenta mentre il sangue procede nel capillare.
Poichè il flusso F del sangue è definito come ÆP/R, affinché resti costante, all'aumentare di R deve aumentare anche ÆP (definita come pressione all'inizio del capillare meno pressione alla fine del capillare). L'incremento di ÆP è dato dalla diminuzione della pressione alla fine del capillare (tra capillare e venula vale circa 12 mmHg, nella vena cava vale 1 o 2 mmHg).
Considerando che tra capillare e venula la pressione verso l'esterno è di circa 12 mmHg, e che la pressione oncotica, che rimane costante, è di 25 mmHg verso l'interno, si ha una pressione di filtrazione risultante di 25-12 = 13 mmHg verso l'interno del capillare. Si può spiegare così sia l'espulsione delle sostanze utili ai tessuti da parte del capillare "arterioso" sia l'assorbimento delle sostanze da asportare da parte del capillare "venoso". 
Tutte le sostanze che non vengono assorbite dalla rete capillare venosa vengono prelevate dai capillari linfatici. Essi quindi drenano liquidi e grosse molecole, operando a pressioni molto basse (12 mmHg circa, a livello dei capillari, 1 o 2 mmHg a livello dei grossi dotti linfatici).
Un eventuale aumento di pressione a livello dei capillari venosi può rendere nullo il ÆP verso l'interno del capillare, e ciò impedirà l'assorbimento dei liquidi interstiziali (edema).

I limiti quantitativi dell'irrorazione

Nella Introduzione al Sistema Cardiocircolatorio abbiamo visto che, a proposito dei princìpi di economia da rispettare, è necessario far uso del minor volume di sangue possibile, ossia: il sangue che un individuo possiede non è mai in grado di irrorare in maniera ideale tutti i distretti contemporaneamente.

NB: sebbene nel paragrafo precedente abbiamo semplificato il sistema arterìola - capillari - venula con una "U ", in realtà tra una arterìola ed una venula ci sono molti capillari, una vera e propria arborizzazione, che può essere più o meno chiusa. Nel caso essa sia completamente chiusa entra in funzione un canale (anasotomosi artero-venosa) che porta il sangue dall'arterìola direttamente nella venula, bypassando l'arborizzazione capillare.

L'equilibrio nella irrorazione di diversi distretti è reso possibile dalla capacità delle arterìole di impedire o permettere il passaggio del sangue verso i capillari che da esse si originano. Le arterìole infatti sono dotati di sfinteri pre-capillari, ossia ingrossamenti dello strato muscolare (liscio) innervati dall'ortosimpatico, che hanno la funzione di restringere i capillai, se necessario (l'allargamento avviene passivamente con la pressione sanguigna).
In ogni momento quindi molti capillari sono chiusi, ed una loro eventuale apertura (per motivi patologici o altro) causa una deficienza di sangue innanzitutto nelle strutture situare più in alto del cuore, ossia quelle che ricevono il sangue contro la forza di gravità.
Gli sfinteri pre-capillari sono sensibili anche a sostanze prodotte dagli interstizi del tessuto. Queste sostanze agiscono modificando la sensibilità dei capillari agli stimoli del sistema nervoso autonomo, cosicché si abbia un comportamento adeguato alla situazione "locale" (es: vasodilatazione locale). Quindi la situazione locale ha priorità sugli "ordini" mandati dal sistema nervoso, nel senso che può renderli più o meno efficaci.

Esempio: le sostanze presenti nell'apparato digerente in fase di assorbimento hanno proprietà vaso-dilatatrici, per facilitare l'assorbimento stesso. L'orto- ed il para-simpatico in questa situazione "controllano" che l'apparato digerente non convogli verso di se troppo sangue. Ci si può accorgere di una vasodilatazione locale tramite i barocettori, che rilevano nell'atrio destro una diminuzione del flusso di ritorno venoso.

Una variazione di questo genere viene comunicata al bulbo, che promuove essenzialmente una vaso-costrizione splancnica (il distretto splancnico è rappresentato dalla zona occupata dai visceri). Successivamente può essere aumentata la frequenza cardiaca e infine si può comandare una vaso-costrizione periferica in distretti che in quel momento non stanno "lavorando". Ricordiamo che la vasocostrizione non può essere attuata nella zona interessata alla vaso-dilatazione locale poiché lì le fibre muscolari sono state rese insensibili.
In casi particolari, quando due o più distretti impongono una vasodilatazione locale, il sangue può non essere sufficiente, e anche i meccanismi di equilibrio organizzati dal bulbo possono non bastare. Il primo distretto a risentire di questa situazione è il cervello, l'organo con la minor riserva ischemica. Ciò può provocare per esempio uno svenimento.